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Web Tax e defiscalizzazione sugli investimenti in Cyber Security

La lotta al cybercrime il tema cardine durante il convegno del Centro Studi Difesa e Sicurezza (Cestudis), tenutosi a Roma giovedì 9 Marzo.

Sorprendente il confronto tra magistrati, avvocati, CEO di aziende di cyber security e politici di primo piano nel panorama nazionale su temi che solo alcuni anni fa non erano sicuramente nella priorità di alcuni dei partecipanti soprattutto sul fronte politico.

L’attuale contesto storico risulta, quindi, sicuramente decisivo  e le scelte strategiche dei prossimi anni nel settore digitale andranno ad incidere inevitabilmente sulla sicurezza fisica di tutti i cittadini.

Le risorse necessarie per reprimere e contenere la minaccia del cybercrime in continua evoluzione sono state il punto focale del Convegno.

Le risposte politiche hanno riconosciuto all’unanimità  la necessità di investimenti, ma sono state differenti le soluzioni proposte per reperire i fondi. Da un lato il Ministro Andrea Orlando ha proposto l’applicazione di “una web tax di scopo a carico di chi utilizza la Rete per finalità economiche, necessaria a garantire la sicurezza sulla Rete”. Dall’altro l’On. Angelo Tofalo ha suggerito un processo di defiscalizzazione nel caso di investimenti in security.

Tenendo presente gli obiettivi comuni quali:

  • la cooperazione tra i vari Stati Membri e, a livello nazionale, tra i soggetti pubblici e quelli privati, come sancito dalla Direttiva NIS;
  • l’obbligo per i soggetti privati di dimostrare di avere adottato misure giuridiche, organizzative, tecniche, per la protezione dei dati personali, come stabilito dal Regolamento Europeo della Privacy;
  • l’obbligatorietà della notifica del “data breach”, ovvero la denuncia di un attacco informatico;

diventa necessaria, quindi, un’evoluzione culturale che  in Italia tarda ad arrivare.

Infatti, come ha osservato il Dottor Gabrielli, Vice Questore del CNAIPIC, il fattore umano gioca un ruolo fondamentale nella cybersecurity e da lì bisogna partire per tutelare i nostri dati personali.

Sarebbe ideale dotare la polizia giudiziaria di strumenti più efficaci per il contrasto al cybercrime, garantendo però la privacy dei cittadini e, soprattutto, implementando un rigido controllo sulle società private che producono e commercializzano tali software che a tutti gli effetti devono essere considerate delle “cyber-armi”.


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