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“Ghibly”, l’esperto del bitcoin! Riciclava denaro virtuale sporco

Noto online come “Ghibly”, il 38enne caravaggino Fabio Legrenzi è stato denunciato per riciclaggio ed esercizio abusivo di attività finanziaria. La sua attività consisteva nel “lavare i soldi sporchi”, derivanti da traffico illecito di armi e droga. Esperto di bitcoin, moneta virtuale molto utilizzata nel web, Fabio esercitava la «professione» di mediatore e cambiamonete del web, un lavoro che si era costruito da sé. Soltanto nell’ultimo anno «Ghibly» era riuscito a movimentare 800mila euro , un dato che ha insospettito gli agenti della Squadra mobile di Lecco che da mesi indagavano a fondo sul traffico illecito di droga nel «Dark web».

Un fenomeno tanto pericoloso quanto incontrollabile, che avvicina soprattutto i giovani al mondo della droga, delle armi, del riciclaggio di denaro. Una vera e propria rete di criminalità sul Web, quella sfatata dalla Questura di Lecco. Soprannominato “deep web”, si trattava di un vero e intrinseco labirinto di siti protetti da protocolli particolari, nascondigli virtuali di soggetti anonimi, dati completamente criptati, mail e nomi fasulli.

Persone alle quali è quasi impossibile dare un’identità reale e quindi rivolgere capi d’accusa. Le indagini della Questura di Lecco, in particolar modo con il responsabile della sezione antidroga, Alessandro Gallo, e il comandante della Mobile, Marco Cadeddu, hanno fatto luce sulla questione. 5 i soggetti incastrati: tre italiani, un albanese e un sudamericano, età comprese tra i 30 e i 55 anni, alcuni residenti a Pisa, altri a Forlì.

“Traffico internazionale di stupefacenti e riciclaggio”, queste le accuse delle autorità lecchesi. Filippo Guglielmino, questore, spiega: «Uno squarcio nel velo di queste aree nascoste del web. Quello che abbiamo trovato è un’Amazon dell’illegale. Ci siamo limitati alla droga, ma c’è molto altro. Funzionava così: ordinativi e pagamenti avvengono online. La consegna, invece, via posta»

Sorge spontanea la domanda: come effettuavano i pagamenti? Ed è proprio questa fase che vedeva come protagonista la figura di Legrenzi. Egli si occupava di cambiare il denaro reale, proveniente dallo spaccio e dallo smercio illegale di armi, in bitcoin, monetà di per sè non illegale se tracciata. Il guadagno? L‘1% su ogni transazione.

Sono stati recuperati ben 99mila euro depositati su alcune carte di Legrenzi e altri 72mila euro virtuali, tutti sequestrati. “Ghibly”, d’altro canto però, ha spiegato di essersi limitato a cambiare la valuta, sottolineando che non era a conoscenza né della provenienza del denaro né della finalità per cui veniva utilizzato.


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